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Johnnie To

di Boris Sollazzo

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Johnnie To (AP)

Qualcuno storcerà il naso nel vedere il maestro di Honk Kong tra i “magnifici” sette del concorso. Un profeta del noir, a quelle latitudini, viene normalmente snobbato. Ma Johnnie ha due fortune: è maledettamente bravo, ha un nome facile da ricordare (questa battuta è degna di un suo film) e ha, prima di altri alfieri del cinema di genere, conquistato cuore e cervello dei direttori dei maggiori festival internazionali. Regista tecnicamente dotatissimo, con un occhio ironico e feroce sulle storie e i personaggi che racconta, sa far sorridere anche negli affreschi più cupi e violenti che tratteggia. Nato a Honk Kong il 22 aprile del 1955, è anche produttore di quella Milkyway Image, cofondata col mitico Wai Ka-Fai, che ha rinnovato e riformato, negli ultimi 10 anni, il cinema dell’ex protettorato britannico. E non solo. Dopo gli anni ’70 passati a sgobbare in tv, negli ’80 si lega al grande attore cantonese Chow Yun-Fat, a partire dall’esordio (1980) con The enigmatic case, passando per una serie di commedie (che lasceranno un segno in lui, almeno nei dialoghi e nello stile) e arrivando al primo grande successo, nel 1989, All about ah-long. Comincia a vincere premi, e il suo cinema si concentra sulle arti marziali e il noir (The Bare-footed kid, geniale) non disdegnando neanche il fantasy (The heroic trio, discontinuo e non troppo riuscito). Qui, peraltro, trova due attrici simbolo dell’estremo Oriente, Maggie Cheung nel primo e Michelle Yeoh nel secondo, che sa accarezzare con la macchina da presa come pochi altri. Dopo questi due film, nel ’93, arriva la fama e la considerazione critica, anche se gli sforzi produttivi lo rendono più lento a livello creativo. L’attesa vale la pena, perché nel ’98 arriva l’action melò A hero never dies, che conferma e rilancia la sua visione pessimistica, nichilistica e fatalista del mondo. Nel 2003 con Ka-Fai torna alla commedia con Turn left, turn right, ma l’approdo ai grandi festival arriva l’anno dopo, con una fertilità artistica di nuovo compulsiva. Breaking news va alle proiezioni di mezzanotte di Cannes, l’omaggio a Kurosawa Throw Down a Venezia, mentre al bellissimo Far East Film Festival di Udine (a questa rassegna deve moltissimo, e per questo To la omaggia girando nel capoluogo friulano alcune scene del film) arriva Yesterday Once more. Ormai è inarrestabile: l’eccellente Election lo fa tornare a Cannes nel 2005 con una pellicola sulla triade di Honk Kong di cui produce e dirige un sequel già l’anno dopo, ancora più estremo del primo, se possibile. Sempre del 2006 è anche Exiled, pioggia di proiettili tra dramma e black comedy. Chi lo conosce, chi si è cibato del suo talento immaginifico e adrenalinico, sa che è impossibile non amarlo, persino nelle sue furbizie e convenzioni. E non a caso Vengeance (con Johnny Halliday, che coppia), storia di un killer che dev’essere ammazzato, è uno dei titoli più attesi, quest’anno, sulla Croisette.

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